Se in una grande città come Milano tutto dovrà essere raggiungibile in 15 minuti a piedi, in un’area con scarsa densità abitativa come il Polesine, il segreto è diminuire al massimo la distanza tra le abitazioni, i luoghi di lavoro e i servizi, sia per ottimizzare i tempi, sia per diminuire l’impatto sull’ambiente. Tutto qui? No, il near working è qualcosa di più perché permette di creare un ambiente di lavoro in cui si allineano tutte le condizioni di maggiore desiderabilità, quali connettività, spazi a disposizione, ambiente stimolante, prossimità, presenza di servizi e un circuito di colleghi non colleghi con i quali creare comunità di interessi temporanei. Chi cerca un luogo in cui trovare ispirazione, chi un centro servizi in cui incontrare i clienti, chi uno spazio attrezzato per neogenitori, ognuno con un profilo professionale diverso: dal dipendente di multinazionale in smart work al 100% al professionista con lo studio in ristrutturazione, fino al free lance, nomade per definizione.
La rete Corpo, in collaborazione con lavoratori e aziende interessati a sperimentare nuovi modelli di organizzazione del lavoro mette a disposizione contesti aperti e multiservizi in cui il lavoro è un aspetto integrato a molti altri del benessere personale, azzardando la definizione di “Near Living”, in cui il collega non collega è compagno di running a fine giornata, genitore dell’agrinido dei propri figli o coltivatore di zucche nell’orto condiviso. I coworking del network stanno mettendo a punto modelli, convenzioni e protocolli che permettano anche ad istituzioni e aziende, oltre che ai soli liberi professionisti, di considerare tali spazi delle vere e proprie estensioni delle proprie sedi di lavoro in una logica di welfare aziendale. Il cantiere di progetto “da near working a near living” è in progress e su queste pagine sarà nostro compito pubblicare proposte e buone pratiche.